Siamo all’inizio di una crisi globale che si prospetta peggiore di quella storica del 1929. Rispetto ad allora, rendendo più fosco il panorama mondiale, ai rischi finanziari ed economici si sommano quelli sanitari. Nessuno è in grado, oggi, di fare previsioni sull’evoluzione dell’epidemia da coronavirus, sebbene l’Italia ne stia venendo fuori, e purtroppo l’incertezza concerne anche la capacità dell’Unione europea di trovare una concreta strategia comune capace di contrastare gli effetti della pandemia.
Per il nostro Paese, nelle ipotesi più favorevoli, si parla di una recessione, nel 2020, attestata sull’8-9%, però il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha ipotizzato previsioni ben più gravi che del resto coinvolgono l’intero pianeta. Tutto dipenderà dal momento nel quale il motore produttivo potrà ripartire a pieno regime.
L’economia italiana sconta il fatto non essersi ripresa tanto quanto gli altri Paesi dalla crisi partita nel 2008 e ha di fronte la sfida storica di non rimanere al palo rispetto alle economie degli Stati partner.
Sono subito emersi problemi di liquidità per le imprese che hanno portato il Governo a prendere una serie di provvedimenti per attenuarli e superarli, a proposito dei quali gli esperti della task force per l’emergenza coronavirus, allestita da Confindustria Cuneo già a metà gennaio, offrono assistenza e consulenza quotidiane agli associati.
In questo stesso àmbito il presidente di Confindustria Cuneo, Mauro Gola, ha indirizzato un appello ai colleghi affinché ognuno, nel rispetto e nella concretizzazione della responsabilità sociale d’impresa, faccia il possibile per non interrompere la catena dei pagamenti, al fine di non mettere a rischio la tenuta delle filiere su cui si regge il sistema economico locale e nazionale.
In frangenti così complessi, è utile conoscere il punto di vista di chi fa impresa.
L’indagine congiunturale regionale per il secondo trimestre 2020 condotta da Confindustria Piemonte ha registrato, com’era facile prevedere, la caduta generalizzata del clima di fiducia tra le imprese in seguito all’emergenza sanitaria. La rilevazione è stata condotta a marzo, nelle quattro settimane in cui i contagi hanno cominciato a crescere in modo esponenziale, con i conseguenti provvedimenti restrittivi dei movimenti personali e delle attività produttive.
Anche a livello provinciale l’indagine di previsione per il secondo trimestre 2020, inserita nell’àmbito di quella regionale, realizzata su un campione di circa 270 imprese associate, ha registrato il crollo generalizzato delle attese riguardante sia il manifatturiero che i servizi.
Il presidente Mauro Gola, affiancato dal direttore di Confindustria Cuneo, Giuliana Cirio, e da Elena Angaramo, responsabile del Centro studi dell’associazione imprenditoriale provinciale, ha presentato gli esiti dell’elaborazione dei dati durante una videoconferenza stampa a cui hanno partecipato anche numerose aziende.
I relatori hanno evidenziato come si tratti di numeri cristallizzati su una situazione che dal momento del rilevamento è andata peggiorando e che pertanto, se l’indagine fosse svolta in questi giorni, evidenzierebbe esiti ancor più negativi.
Le fonti di preoccupazione, ha sottolineato Gola, sono soprattutto quattro: il calo dell’export, la caduta della redditività, la crescita del ricorso alla cassa integrazione e i problemi del sistema dei pagamenti. Il Presidente di Confindustria Cuneo ha inoltre evidenziato come l’auspicabile riapertura in piena sicurezza degli impianti produttivi non equivarrà a un’immediata ripresa. Perché essa vi sia, sarà fondamentale, nel breve periodo, che dia segni di vitalità il mercato interno.
In questo ambito si prospetta un cambiamento epocale dei sistemi di vita e delle relazioni interpersonali che avranno ricadute significative anche sul mondo industriale e sull’organizzazione della produzione.
Riallacciandosi a questo tema, il direttore, Giuliana Cirio, ha segnalato come fra gli imprenditori sia elevata la consapevolezza della svolta culturale provocata dall’epidemia e ciò costituisce una base di partenza importante per affrontare le sfide che già oggi si presentano.
Insomma, se la situazione è obiettivamente assai difficile, vi sono le potenzialità per iniziare a risalire la china e in questo ognuno dovrà fare la propria parte nell’àmbito di quello che potrebbe essere un rinnovato patto sociale.
Pur evidenziando molti elementi negativi, e pur ribadendo che si tratta di dati certamente peggiorati rispetto a quando sono stati raccolti, il quadro della Granda tracciato dall’indagine congiunturale è meno pesante di quello regionale.
Nel comparto manifatturiero del cuneese il 35% delle imprese prevede una riduzione della produzione, contro il 16% prospetta un aumento. Il saldo è in calo di 11 punti rispetto al precedente trimestre. Sono quasi analoghe le previsioni sugli ordinativi: il 34% degli intervistati prevede una contrazione contro il 15% che ipotizza un incremento. I valori sono ancora lontani dai picchi recessivi del 2009, ma il balzo verso il basso è notevole.
Precipitano anche l’export e la redditività. Aumentano i ritardi nei pagamenti, indicatore sempre molto sensibile nelle fasi di brusco deterioramento del mercato.
Raddoppia il ricorso alla cassa integrazione: un quinto delle aziende partecipanti all’indagine prevede di dover ricorrere agli ammortizzatori sociali. Percentuali così elevate non si registravano dal 2016 e va ribadito che oggi la situazione è ancor più negativa.
Un’analisi più dettagliata mostra come gli indicatori siano man mano peggiorati in conseguenza dell’aggravarsi dell’epidemia. Nei primi dieci giorni di marzo il saldo ottimisti-pessimisti riferito alla produzione era di -8 punti, poco lontano dal valore di gennaio, mentre nelle due settimane successive è sceso a -46 punti.
I settori produttivi sono colpiti dall’emergenza in modo abbastanza omogeneo. Nella prima fase la meccanica ha resistito, peggiorando le attese nell’ultima e diventando oggi quella forse più problematica. Ha fatto registrare un andamento inverso il settore alimentare che, tuttavia, registra indicatori decisamente negativi.
Anche il comparto dei servizi è stato investito in pieno dalla crisi. Gli indicatori sono addirittura più sfavorevoli di quelli del manifatturiero, con una marcata inversione del clima di fiducia che a gennaio era marcatamente espansivo. Fanno eccezione solo le utilities.
Da alcuni anni l’indagine di marzo propone una valutazione dell’andamento dell’anno appena concluso. Nel complesso il 2019 è stato positivo quanto a crescita del fatturato e a redditività.
Nel manifatturiero la percentuale di imprese che hanno chiuso l’anno con un aumento del fatturato sfiora il 39%, contro il 25% di quelle che hanno registrato una dinamica opposta. La redditività è stata positiva: il 66% delle aziende ha realizzato un utile di bilancio, contro l’8% che ha chiuso in perdita.
L’indebitamento nel 2019 è risultato sostanzialmente stabile e debole è stato l’andamento degli investimenti: il 24% delle aziende ha aumentato la spesa in questo ambito rispetto all’anno precedente, il 16% l’ha diminuita, mentre il 60% l’ha mantenuta costante o non è in grado di fare valutazioni.
La performance registrata nel terziario è analoga. Il 37% delle imprese ha aumentato il fatturato e solo il 17% lo ha ridotto. Sono ottimi anche i risultati di bilancio: il 67% ha chiuso il 2019 in utile e appena il 7% ha registrato una perdita. Nei dodici mesi dell’anno scorso si è ridotto l’indebitamento (19% delle imprese, contro il 9% che lo ha aumentato) e buono si è rivelato l’andamento degli investimenti: il 28% delle imprese ha aumentato la spesa rispetto al 2018 (il 15% l’ha ridotta).
In allegato: il report realizzato dal Centro studi di Confindustria Cuneo sull’indagine congiunturale per il secondo trimestre 2020 e un’immagine della videoconferenza stampa che ha visto intervenire in collegamento esterno il presidente, Mauro Gola, e dalla sala “Michele Ferrero” della sede cuneese dell’associazione il direttore, Giuliana Cirio, e la responsabile del Centro Studi, Elena Angaramo.
In allegato i report di dettaglio.