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Nella conversione in legge del “Decreto liquidità” è stato inserito l’emendamento, sollecitato da Confindustria, per sventare l’applicazione automatica del criterio della responsabilità oggettiva, penale oltre che civile, a carico dei datori di lavoro nelle cui aziende si verifichino casi di positività al coronavirus.
Il presidente di Confindustria Cuneo, Mauro Gola, è soddisfatto: «La mobilitazione per evitare interpretazioni assai rischiose, e ingiuste, nei confronti degli imprenditori ha dato buoni frutti, perché la sua evidente fondatezza è stata recepita dal legislatore. È un risultato molto importante in un momento come questo, in cui le aziende cercano di rialzarsi dagli effetti economici del lockdown imposto dall’emergenza sanitaria».
La legge contiene una prescrizione niente affatto marginale nell’articolo 29 bis che, a fronte dell’attenta applicazione del protocollo di sicurezza adottato dall’impresa, pone il datore di lavoro al riparo da conseguenze penali e civili qualora si registrasse un caso di supposto contagio negli ambienti aziendali, cosa che pareva messa in forse nel decreto “Cura Italia”. Infatti la qualificazione del contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro comportava l’erogazione delle prestazioni Inail. Ciò aveva suscitato allarme per le potenziali conseguenze del riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Inail ai fini della responsabilità penale e civile del datore di lavoro.
Confindustria aveva subito chiesto chiarimenti all’Inail e sollecitato l’emanazione di una norma legislativa che legasse l’eventuale responsabilità alla mancata osservanza del protocollo di sicurezza istituito dal Dpcm 17 maggio 2020.
La proposta era che il protocollo rappresentasse il massimo standard di sicurezza adottabile per la tutela della salute e della sicurezza e per l’esclusione della responsabilità derivante da qualsiasi forma di contagio, qualificando la diffusione dell’infezione da Covid-19 come ipotesi di forza maggiore.
La nuova legge stabilisce la portata che Confindustria intendeva assegnare al protocollo. Le imprese non hanno responsabilità nella presenza del virus, dunque non occorreva prevedere uno scudo penale quanto, piuttosto, indicare con precisione quali siano gli obblighi dell’azienda nella situazione di emergenza, assicurando il rispetto dei princìpi di legalità e della certezza del diritto.