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Sono stati oltre trecento gli iscritti al webinar sul tema, quanto mai attuale, “Vaccini anti-Covid e imprese: facciamo il punto” promosso da Confindustria Cuneo, durante il quale è stato descritto lo stato dell’arte della campagna vaccinale, con un focus sulle imprese. A condurlo è stato Andrea Corniolo, responsabile Sicurezza e ambiente di Confindustria Cuneo.
Giuliana Cirio, direttore dell’Associazione datoriale, ha ricordato come Confindustria sia in prima linea sul tema nelle sue articolazioni territoriali e nazionale e, fin dall’avvio del Piano vaccinale, abbia perorato con determinazione, presso la Regione e il Governo, l’istanza che i lavoratori, specie quelli a rischio, siano vaccinati al più presto. A questo scopo nella penisola è partita la consultazione delle aziende associate per verificare quali di esse intendano mettere a disposizione i propri spazi per l’inoculazione del siero. Si tratta di un semplice sondaggio, che scadrà il 19 marzo, la cui risposta non sarà vincolante per gli imprenditori, ma al tempo stesso consentirà di avere una chiara indicazione degli spazi che potrebbero essere utilizzati per contribuire a immunizzare la popolazione italiana.
Camillo Scimone, medico del lavoro e presidente della Sezione sanità di Confindustria Cuneo, ha proposto un documentato approfondimento su disponibilità e affidabilità dei vaccini, chiarendo che essi, verificati da organismi qualificati come Ema e Aifa, sono “l’arma vincente” e che dal punto di vista etico essi sono “obbligatori”, perché si deve essere consapevoli che, rifiutandoli, di mette a rischio la salute degli altri. Quindi, per il dottor Scimone, la parola d’ordine è: “Vaccinarsi, vaccinarsi, vaccinarsi”.
Il relatore ha quindi analizzato le differenze fra i sieri prodotti da Pfizer-Biontech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson, tutti caratterizzati da un’efficacia molto elevata, mentre al momento per l’Ue non sono validati lo Sputnik V e i vaccini cinesi.
Dopo che l’ingegner Corniolo ha ricordato come nella bozza del nuovo Piano vaccinale vi sia l’apertura alla possibilità di vaccinare in azienda, Fabio Pontrandolfi, dirigente Area lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria, si è soffermato sulla obbligatorietà della vaccinazione anti Covid-19 che, dal punto di vista giuridico, in questo momento non esiste, giacché in base alla Costituzione può essere imposta solo con una legge. Ciò non toglie che, essendo un atto di altruismo (vaccinare sé per gli altri), esso sia un obbligo morale, sociale. Per il relatore, comunque, vista anche la situazione di emergenza, sarebbe più opportuna un’opera di persuasione rispetto a un’azione conflittuale basata sul fatto che si potrebbe argomentare sull’inidoneità alla mansione a cui è delegato del dipendente che rifiuti di vaccinarsi e, pertanto, egli possa essere un potenziale veicolo di trasmissione del contagio ai colleghi.
L’azione di Confindustria, quella di dare la disponibilità delle aziende come luoghi per attuare la somministrazione del siero, per il dottor Pontrandolfi è un atto sociale, come lo è la vaccinazione. Mettere a disposizione gli spazi aziendali è altruismo.
Occorre però chiarezza, con una netta determinazione dei ruoli: infatti un conto è ospitare la vaccinazione condotta dallo Stato, un altro farla da parte delle aziende. Si tratta di un impegno complesso che deve avere tutte le garanzie necessarie per qualcosa che di norma in azienda non si fa. L’auspicio, pertanto, è che la disponibilità data non si trasformi in un problema.
Bartolomeo Salomone, presidente di Ferrero spa, ha tratto le conclusioni del seminario on-line, affermando che imprese che più hanno a cuore la responsabilità sociale non possono tirarsi indietro e, quindi, faranno il possibile per contribuire a uscire dall’emergenza. Occorre però un’attenta analisi delle azioni da intraprendere per concretizzare la concreta disponibilità all’altruismo, stabilendo criteri e regole precise.
Ma qual è la popolazione da vaccinare? I dipendenti o anche i familiari? Sarebbe giusto estendere il beneficio alle famiglie, ha commentato il manager, però solo per Ferrero nella nostra provincia sarebbero coinvolte ben 12.000 persone, con tutte le problematiche, logistiche e procedurali, del caso.
Sono questioni a cui occorre dare risposta, ma che non inficiano la ferma determinazione del mondo imprenditoriale, di quello cuneese in particolare, di far la propria parte in una mobilitazione di cui beneficerà l’intera collettività.
L’ASSESSORE ICARDI HA ILLUSTRATO I NUMERI CHE PORTANO IL PIEMONTE IN ZONA ROSSA
Intervenendo al seminario on-line promosso da Confindustria Cuneo, l’assessore regionale alla sanità, Luigi Genesio Icardi, ha illustrato la situazione, aggiornata al 10 marzo, della diffusione del contagio, la quale ha condotto alla decisione dell’inserimento del Piemonte nella zona rossa da lunedì 15, decretata dal Governo.
Lo scenario attuale è preoccupante, con il tasso di incidenza settimanale, dal 3 al 9 marzo, attestato a 287,5 casi per 100.000 abitanti, quindi oltre il limite dei 250 che in automatico fa scattare la zona rossa. La Granda, con 314,3, è terza dopo il Verbano-Cusio-Ossola (380,2) e la provincia di Torino (361,9).
La provincia di Cuneo ha visto un incremento del 38,8% sulla settimana precedente, superata in questa graduatoria negativa soltanto dalla provincia di Novara (40,4%).
Questo impone anche la revisione delle strategie di contact tracing, gestire le quali diventa assai problematico quando il numero dei nuovi positivi supera i 2.500 al giorno, giacché, per ogni caso rilevato, si devono effettuare una trentina di telefonate.
Del resto, non appena erano emersi i segnali della recrudescenza dell’epidemia, settimane addietro, la Regione aveva provveduto a prendere provvedimenti mirati sulla base delle indicazioni del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, identificando le aree a maggior rischio in collaborazione con sindaci, Als e prefetti e adottando misure restrittive, come la chiusura delle scuole e la delimitazione di circoscritte zone rosse.
Riguardo alla strategia di vaccinazione, in Piemonte essa procede come da direttive nazionali, con il coinvolgimento del personale sanitario e assistenziale e delle Rsa e avviando la somministrazione del siero agli over 80-84, ai disabili, al personale della scuola e delle Forze dell’ordine.
Conclusa la vaccinazione delle categorie individuate dal Ministero, si inizierà con il resto della popolazione, con il supporto dei medici di famiglia e la collaborazione delle strutture sanitarie private e, è l’augurio di Icardi, dei datori di lavoro.
L’Assessore regionale ha parlato di «sfida da affrontare per le aziende e la sanità», per organizzare, ove possibile, la vaccinazione per i dipendenti presso il luogo di lavoro e, ove ciò non sia possibile, «incoraggiare i lavoratori a cercare la vaccinazione Covid-19 nelle proprie comunità, fornendo loro le informazioni su dove possano ottenere il siero».
L’esponente della giunta Cirio ha sottolineato i potenziali vantaggi per i dipendenti che si vaccineranno: prevenzione della malattia, riduzione delle assenze e delle visite mediche dovute alla patologia e minori preoccupazioni di contrarre e trasmettere il Covid-19.
Riguardo ai timori suscitati dalle recenti notizie sulle ipotesi di reazioni avverse ad alcuni dei vaccini disponibili, Icardi ha garantito che il sistema di farmacovigilanza italiano è efficace ed efficiente e ha affermato che, a maggior ragione, potrà rivelarsi determinante collaborazione con le aziende al fine di dare più sicurezza ai lavoratori e alla popolazione. La Regione, ha annunciato l’Assessore, sta predisponendo un protocollo con linee guide per le attività vaccinali in azienda che si spera si possano avviare dopo le necessarie autorizzazioni a livello governativo.