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Confindustria Cuneo

Comunicato stampa - 28/05/2024

Il lavoro che siamo: riflessione a più voci che ha coinvolto intellettuali e imprenditori nel delineare il quadro del lavoro di oggi e domani

Lunedì 27 maggio si è tenuta al Teatro Toselli di Cuneo l’assemblea pubblica annuale di Confindustria Cuneo: un talk a cui hanno partecipato protagonisti del pensiero e dell’industria italiani, per affrontare il lavoro secondo tre direttrici "Diritto, scelta, prospettiva”

 

“Fondati sul lavoro”: è questo il filo conduttore dell’assemblea pubblica 2024 di Confindustria Cuneo che si è tenuta lunedì 27 maggio al teatro Toselli di Cuneo.

Uno spunto di riflessione che è stato al centro del confronto fin dal discorso in videocollegamento del neopresidente nazionale Emanuele Orsini, al suo primo intervento in un’assemblea territoriale. Il leader di Confindustria nazionale ha sottolineato la necessità di mettere le politiche industriali al centro dei piani di sviluppo del Paese, rimarcando come gli investimenti rappresentino lo strumento attraverso cui perseguire un percorso di crescita. Orsini ha evidenziato l’importanza di lavorare sui contratti di sviluppo per poi auspicare che la futura Commissione Europa si impegni per supportare produttività e industria, discostandosi da quegli atteggiamenti ideologici antindustriali che hanno messo a dura prova il tessuto imprenditoriale. L’ultima parte dell’intervento del presidente si è concentrata sul divario tra offerta e domanda di lavoro, individuando nella formazione, in nuove forme di contrattazioni di lavoro, supportate da un adeguato welfare, le chiavi attraverso cui operare un cambiamento decisivo anche per il futuro dell’industria.

Il presidente di Confindustria Cuneo, Mariano Costamagna, ha condiviso con la platea alcune riflessioni propedeutiche al talk successivo. «La nostra Costituzione ci ricorda in più articoli come il lavoro sia centrale nella vita di ognuno di noi. Lo è innanzitutto come diritto, ovvero un valore legato alla persona, alla sua realizzazione individuale e alla sua dimensione sociale, per garantire il quale servono politiche economiche coraggiose. Ma significa anche scelta. Scelte personali, di chi in qualità di imprenditore si spende per far crescere la propria impresa, ma anche aziendali, di chi decide di puntare sulla formazione delle competenze e sulla loro integrazione con le politiche del lavoro e dello sviluppo economico. Non possiamo non rilevare come le imprese segnalino crescenti difficoltà di reperimento di personale, soprattutto per profili di formazione terziaria, universitaria o professionalizzante, e formazione secondaria superiore di tipo tecnico-professionale. Da qui la consapevolezza di dover preparare le persone ai nuovi lavori investendo sul futuro e anche di impegnarsi per un “lavoro degno”, consapevoli che le persone rappresentano il patrimonio più importante per ogni impresa, fattore cruciale di competitività. Anche in questa direzione stiamo convogliando gli sforzi di Confindustria Cuneo, con lo scopo di costituire una Fondazione degli industriali per il Lavoro che si adopererà per rendere più inclusivo quel mondo, fornendo strumenti e soluzioni per il raggiungimento delle pari opportunità di accesso al lavoro, ma anche sviluppando e implementando nuove progettualità sui temi strategici del lavoro e del benessere sociale» ha dichiarato Mariano Costamagna, presidente di Confindustria Cuneo.

 

Con la conduzione del direttore generale di Confindustria Cuneo, Giuliana Cirio, e la rappresentazione grafica di Giovanni Gastaldi che ha tradotto in immagini e scritte gli interventi dei relatori, si è dato spazio alla trattazione del tema lavoro, analizzato da punti di osservazione diversi.

A prendere la parola per primo è stato il giornalista economico Oscar Giannino, il quale ha indicato le priorità sui cui intervenire per rendere concreto il diritto al lavoro oggi, sostenendo la necessità di cambiare la formazione, modificare pezzi di contratti di lavoro e riscrivere il racconto dell’industria che gli imprenditori devono alle nuove generazioni e alla società.

Andrea Malaguti, direttore de La Stampa, ha tratteggiato il quadro del calo demografico italiano e della formazione: in base alle attuali tendenze, tra 23 anni a laurearsi saranno appena 70mila ragazzi, un dato che deve far riflettere sulla rilevanza della formazione, cruciale nel contesto di grande accelerazione dell’innovazione in cui viviamo.

Lara Ponti, vicepresidente di Confindustria e vicepresidente dell’azienda Ponti, di cui rappresenta la quinta generazione, ha raccontato la prospettiva di un’imprenditrice sul diritto al lavoro, partendo dalla propria esperienza personale di ingresso nell’azienda di famiglia arrivando al quadro dell’occupazione nel nostro Paese e alla sfida di attrarre le nuove generazioni, mettendo a fuoco uno dei compiti di Confindustria, quello di costruire una visione e di far capire come le cose possano cambiare. Compito per cui è necessario coraggio.

Maura Gancitano, filosofa co-fondatrice Tlon, ha delineato il suo pensiero sul rapporto tra le diverse generazioni e il mondo del lavoro tra aspettative, promesse e un sentimento di disaffezione che accomuna lavoratori di età diverse. Gancitano ha evidenziato come la cultura del lavoro stia cambiando velocemente e come sia necessario, per aziende e istituzioni, osservare e comprendere lo scenario: passaggio fondamentale per capire come strutturare il lavoro in modo diverso e come porsi rispetto alle diverse – e sempre più varie – sensibilità con cui le persone interpretano il ruolo del lavoro nella propria vita.

Matteo Caccia, autore e conduttore di Radio24, ha portato la testimonianza di 12 anni di storie delle persone raccontate in radio. Sono stati evocati racconti conflittuali riguardanti percorsi da intraprendere, relativamente alla prosecuzione o meno dell’attività di famiglia oppure storie di partenze alla ricerca di lavoro. Le aziende sono luoghi in cui si riflettono tutte queste storie e gli imprenditori si trovano a doversi confrontare con persone con caratteristiche e sensibilità differenti, riunite sotto uno stesso tetto.

Francesca Cavallo, scrittrice, attivista e imprenditrice, autrice della serie di libri best-seller “Storie della buona notte per bambine ribelli” con 7 milioni di copie vendute e traduzioni in 49 lingue, ha raccontato il suo approccio al tema della gestione della diversità nelle aziende dal punto di vista duplice di imprenditrice e attivista. Secondo Cavallo, a doversi evolvere è, in primo luogo, l’approccio con cui si fa impresa. Sono proprio le aspettative sul fare impresa a dover cambiare: la retorica – a cui arriva nuova linfa dal mondo delle startup tech della Silicon Valley – che enfatizza l’accumulo di grandi ricchezze come unico scopo del fare impresa è, in sé, problematica. Cavallo ha proposto, invece, di valorizzare il fare impresa come possibilità di costruire pezzi di mondo che prima non esistevano. Questo il punto da cui partire per ragionare su aziende che sappiano essere attrattive e accoglienti per tutte le persone, che siano imprenditori o lavoratori.

Vito Mancuso, teologo e filosofo, ha concluso il talk con una riflessione a partire dalla domanda “Che lavoro siamo?”. In un contesto in cui politica, religione e cultura non sembrano più essere in grado di dare sostanza all’identità delle persone, il lavoro è oggi l’unico elemento a dare loro identità. Per questo, è fondamentale concentrarsi sullo scopo del lavoro, il suo “purpose” o “telos”. Oltre a creare posti di lavoro, gli imprenditori creano senso, la possibilità di rispondere collettivamente a una necessità di significato e di ricerca di identità.

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